(Adnkronos) – Milano, 11 dicembre 2023 – Vendere di più fa guadagnare di più. Un assioma che non ha certo bisogno di essere spiegato, eppure, riuscire ad aumentare le vendite non è sempre così facile e a volte gli sforzi degli imprenditori si traducono in un nulla di fatto, che, però, magari ha comportato un costo per azienda. Spesso si tende a sottovalutare l' importanza della formazione dei venditori e come la loro professionalità possa pesantemente incidere sul fatturato totale. Negli anni è cambiato il modo di pensare a questa figura lavorativa, e il modo in cui viene svolta tale attività. “Nella sostanza la professione non è mai cambiata: il venditore è sempre colui che mette in contatto chi vende e chi compra. – Spiega Andrea Polo, fondatore di Milano EXE, società specializzata nel recruiting e selezione di venditori di valore – Dopo la pandemia, però, abbiamo assistito alla nascita di un nuovo modello di venditore, un ibrido per quanto riguarda le competenze, che deve essere capace di persuadere il potenziale cliente di persona, ma anche via zoom o per telefono o sui social. Una figura che deve necessariamente acquisire nuove competenze alla svelta”. L’obiettivo di Milano EXE, infatti, è quello di mettere in connessione venditori di talento altamente formati con aziende che vogliono crescere e veder aumentare le entrate. Per agevolarle e a garanzia dell’alto livello di professionalità delle figure proposte, Milano EXE viene pagata esclusivamente una commissione sul fatturato generato dal nuovo venditore. “Possiamo proporre un simile modello perché siamo certi del valore di chi viene selezionato ed entra nel nostro database, ovvero, qualcuno in grado di generare profitto per l’azienda, per noi e, ovviamente, anche per sé. – Prosegue Polo – Milano EXE non si limita a trovare il singolo cliente e fargli fare un acquisto. Noi creiamo reti di vendita, reti di relazioni che durano nel tempo. È una rivoluzione copernicana nel mercato della selezione dei venditori, ancora basata su modelli di pagamento che non offrono garanzie al cliente finale”. Nonostante si tratti di un lavoro dinamico, che spesso consente anche di uscire dalle 4 mura degli uffici e di incontrare molte persone, e che permette di crescere e guadagnare anche bene, i giovani sembrano non essere particolarmente interessati. Oggi l’età media dei venditori si aggira intorno ai 52 – 56 anni, e non sempre riescono a stare al passo con il mercato che cambia, le nuove tecnologie, i nuovi linguaggi. “I giovani scappano da questa professione per due motivi. – Spiega Andrea Polo – Il primo è che poche aziende investono denaro nell’inserimento dei neofiti pagando uno stipendio fisso e le provvigioni. Tutti vogliono venditori che partono da zero pagati solo a provvigione, ma difficilmente un giovane agli inizi è attratto da questa offerta. Secondo motivo: non si insegna a vendere. Si manda il neoassunto allo sbaraglio dopo pochi, pochissimi, affiancamenti con un venditore senior, ma non gli viene fatta una adeguata formazione commerciale”. Questo porta le aziende a crescere meno di quanto potrebbero, e lascia un buco nel mercato del lavoro per quanto riguarda gli under 40. Inoltre, troppi imprenditori continuano ad avere una visione miope del proprio business, rifiutandosi di investire in formazione, in personale specializzato, in promozione e comunicazione. Questo ne rallenta la crescita (quando non la blocca completamente), incidendo anche sull’economia del paese: non si genera ricchezza, né si creano posti di lavoro. “La funzione vendita deve essere al centro del processo aziendale. Puoi avere il prodotto più bello del mondo ma se nessuno lo compra il tuo destino, come azienda, è il fallimento. I venditori cambiano le sorti delle aziende ed avremmo una ripresa economica più rapida e migliaia di posti di lavoro in più.” conclude Andrea Polo. Per maggiori informazioni:  

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